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Roghudi, il borgo fantasma a picco su una roccia in Aspromonte

  • Reggio di Calabria

Una città fantasma arroccata sulle pendici meridionali dell’Aspromonte , a quasi 600 metri di altezza. Roghudi Vecchio si presenta come un grappolo di case che sembrano tenersi strette le une alle altre su uno sperone roccioso sospeso al centro del letto della fiumara dell’Amendolea, in uno dei luoghi più suggestivi d’Italia su cui aleggiano curiose leggende.

Il borgo fa parte dell’ area grecanica , culla secolare della minoranza linguistica ellenofona della Calabria , che coincide con il versante ionico meridionale dell’Aspromonte, storico crocevia sul bacino del Mediterraneo. Il nome della cittadina deriverebbe, infatti, dal greco “rogòdes”, che vuol dire “pieno di crepacci” o “rhekhodes”, ossia “aspro”, per la natura particolarmente impervia del luogo in cui sorge.

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roghudi città fantasma

bandiera abruzzo

Roghudi Vecchio, una suggestiva città fantasma

Ormai da anni molti turisti che in visita per Calabria hanno aggiunto al loro tour una tappa molto particolare. Questa meta di cui a breve parleremo si chiama Roghudi Vecchio , un antico borgo ormai abbandonato ed inserito in quello che si può considerare il tour delle città fantasma italiane. Ciò che attira i turisti non è solo la possibilità di ammirare un luogo suggestivo ma sono anche le numerose leggende e curiosità che si legano alla storia di questo antico borgo.

Roghudi, il borgo fantasma

città fantasma di Roghudi Vecchio

Partiamo dall’inizio, Roghudi è un comune della città di Reggio Calabria, detto comune oggi è suddiviso in due differenti porzioni poste a circa 40 km l’una dall’altra e sarebbero Roghudi Nuovo e Roghudi Vecchio, il primo cento è oggi il nucleo abitato del comune mentre il secondo è posto più all’interno ed è ormai abbandonato.

Per ovvie ragioni, il borgo fantasma è Roghudi Vecchio o Rigudi, il cui nome deriva dal greco “ rogòdes “, pieno di crepacci o da “ rhekhodes “, aspro. Le origini di questo borgo risalgono all’anno 1050 ed in origine era parte di un’area grecanica. Il vecchio centro abitato fu edificato su di uno sperono roccioso, occupando dunque una posizione pericolante. Nel 1084 il borgo di Roghudi apparteneva al feudo dei Bova e solo verso la fine del dodicesimo secolo passò nello Stato dell’Amendolae. Nel 1971 Roghudi Vecchio ospitava circa 1650 persone ma a causa di due forti alluvioni, una proprio nel 1971 ed una nel 1973 il borgo fu dichiarato inabitabile e la popolazione si spostò nell’odierno Roghudi

Leggende e curiosità

Probabilmente uno degli aspetti che più incuriosiscono i turisti sono le leggende e le curiosità che girano attorno a Roghudi. Incuriositi anche noi ci siamo informati a riguardo e qui di seguito vi riportiamo quanto abbiamo scoperto.

Come è giusto che sia, a tramandare le leggende di questo luogo sono gli anziani che hanno trascorso la loro infanzia nell’antico borgo. Una delle leggende più conosciute del posto ruota attorno alla figura delle Narade o Anarade, delle donne con dei piedi a forma di zoccoli che vivevano nella contrada di Ghalipò, subito difronte Roghudi. Secondo la leggenda si narra che le anarade cercassero di attirare le donne del paese spingendole verso il fiume per lavare i panni per poterle uccidere, cosi che gli uomini potessero accoppiarsi solo con loro. I trucchi per attirare le donne erano diversi, come assumere la voce di familiari o conoscenti. Per proteggersi dalle loro irruzioni vennero costruiti tre cancelli, collocati in tre differenti entrate del paese: uno a “Plachi”, uno a “Pizzipiruni” e uno ad “Agriddhea”.

Altra leggenda che si tramanda ha come luogo una frazione del borgo chiamata Ghorio ed anch’essa oggi completamente abbandonata. Questa frazione si caratterizza per la presenza di un masso dalla strana forma e chiamata  Rocca tu Dracu , il cui significato risale al termine ellenistico  Draku  che vuol dire occhio. La leggenda in questione vuole che quella roccia sia in realtà la testa di un drago che custodiva un inestimabile tesoro. Questo tesoro poteva essere assegnato solo ad un coraggioso guerriero il quale però avrebbe dovuto superare una terribile prova: sacrificare un neonato un capretto ed un gatto nero. Nessuno ebbe mai il coraggio di sfidare il furioso drago fin quando un giorno venne alla luce un bambino con delle malformazioni, che venne affidato a due uomini affinché se ne sbarazzassero. Cosi i due uomini, pensando alla vecchia leggenda, decisero di prepararsi alla prova di coraggio per il sacrificio e ottenere il tesoro del drago. Dopo aver sacrificato i due animali, gli uomini passarono al neonato ma un violenta tormento li scaraventò nelle caldaie del drago uccidendo uno dei due uomini e salvando la vita al neonato.

Visitando il posto si possono notare alcuni grossi chiodi fissati ai muori al di fuori delle abitazioni. Si dice che a questi chiodi fossero fissate delle corde che veniva legate alle gambe dei bambini. Questa usanza non era una punizione ma serviva a proteggere i bambini ed evitare che cadessero dagli altissimi dirupi presenti praticamente ovunque.

In merito a questa usanza circolano voci di persone che di notte hanno udito i lamenti di bambini risalire dai dirupi.

Informazioni utili

Se volte recarvi anche voi in visita di questo borgo, qui di seguito vi lasciamo alcune indicazioni su come raggiungerlo:

Per  arrivare a Roghudi  vecchia in auto è necessario partire da Melito Porto Salvo (RC). Da qui seguire le indicazioni per Roccaforte del Greco e, dopo averla superata percorrendo una strada in discesa, si raggiunge il borgo fantasma di Roghudi.

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Roghudi Vecchio, il borgo fantasma dalle mille leggende

Roghudi Vecchio – Foto Wikipedia

Sulle pendici meridionali dell'Aspromonte, a circa 600 metri di altitudine, sorge il paese fantasma di Roghudi Vecchio. Appartenente all'area grecanica, il suo nome deriva infatti dal greco "rogòdes", pieno di crepacci o "rhekhodes", aspro. Abitato sin dal 1050, venne poi abbandonato a seguito di due terribili alluvioni, avvenute rispettivamente nel 1971 e nel 1973.

Roghudi Vecchio – Foto Wikipedia

Il borgo sorge su uno sperone roccioso, sovrastato dal Monte Cavallo, che raggiunge i 1331 metri d'altezza. Ai suoi piedi scorre, implacabile, la Fiumara Amendolea che negli anni Settanta provocò le disastrose inondazioni. All'epoca Roghudi Vecchio contava circa 1650 abitanti. Nel 1971, a seguito di piogge torrenziali che provocarono morti e dispersi, l'allora sindaco Antonio Romeo firmò l'ordinanza che prevedeva lo sgombero coatto del borgo. La decisione però non incontrò il favore di tutti. Parte dei residenti, composta da quei pastori visceralmente legati al luogo d'origine, rifiutarono di abbandonare le loro abitazioni. Gli irriducibili resistettero fino al 1973, quando un'altra violenta alluvione li costrinse a capitolare. Così, per questioni di sicurezza, gli abitanti vennero trasferiti nella tuttora esistente Roghudi Nuova, situata nelle vicinanze di Melito Porto Salvo, a 40 km dal borgo fantasma. Roghudi Vecchio assunse quindi la triste nomea di città fantasma.

Roghudi Vecchio – Foto Wikimedia Commons

Lo scenario che si presenta ai nostri occhi, oggi, è quello di un paese dall'appeal inquietante e misterioso. Le case sono costruite sul precipizio, in condizioni di estrema precarietà. In mezzo a tanti edifici in rovina spicca la chiesetta restaurata di San Nicola, umile luogo sacro con una croce in legno e diverse immagini votive, segno di una presenza umana che nonostante tutto non vuole abbandonare questo luogo magico. L'aria diroccata del borgo non lo rende meno affascinante: i suoi paesaggi unici attirano fotografi, curiosi e, più in generale, chiunque aborrisca il turismo di massa. Di recente il cantautore calabrese Brunori Sas ha tratto ispirazione dall'atmosfera sospesa di Roghudi Vecchio per l'album A casa tutto bene .

Roghudi Vecchio – Foto Wikimedia Commons

In questi luoghi desolati, al confine tra sogno e realtà, le leggende e i racconti popolari si sprecano: alcuni di questi hanno una decisa venatura horror. Secondo quanto riportato dallo studioso Tommaso Besozzi, a metà del Novecento venivano conficcati grossi chiodi ai muri delle abitazioni: le donne vi assicuravano cordicelle che legavano alle caviglie dei più piccoli affinché non precipitassero nel burrone, come già successo in passato ad alcuni sfortunati bambini. Alcuni credono che di notte si possano sentire ancora i loro lamenti salire dai dirupi verso il paese. A poca distanza dal borgo, nella frazione abbandonata di Ghorio di Roghudi, si trovano due curiose formazioni rocciose, la Rocca tu Dracu (Rocca del Drago) e le Caldaie del Latte. La prima ricorda la testa di un drago che custodirebbe un tesoro inestimabile, mentre le caldaie, dalla conformazione a forma di gobbe, rappresenterebbero le  caddhareddhi , le pentole del latte che permetterebbero al drago di nutrirsi. Nella contrada di Ghalipò, di fronte a Roghudi, secondo gli anziani del posto vivevano le Andrade, donne con piedi a forma di zoccoli come i muli. Il loro scopo era quello di attirare con l'inganno le donne del paese verso il fiume per ucciderle e accoppiarsi con gli uomini del villaggio; per scongiurare questa minaccia le donne fecero costruire tre ponti ancora esistenti.

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On the road

L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi.

roghudi città fantasma

A Roghudi Vecchio, il borgo fantasma dell’Aspromonte

roghudi città fantasma

Sospeso tra il verde più inaccessibile e misterioso dell’Aspromonte si trova un grappolo di case, strette le une alle altre. È il centro di Roghudi , paese fantasma della provincia di Reggio Calabria nato a 519 metri di altitudine. Qui, a pochi passi dalla fiumara dell’Amendolea (la più estesa della regione che parte dalla diga del Menta e finisce il suo percorso a mare, a Condofuri), fino al 1971 vivevano 1.650 persone.

Oggi lungo le stradine che circondano le case abbandonate del vecchio borgo si respira un lungo e infinito silenzio, e un “sonno” atavico sembra essersi impossessato del piccolo borgo. La quiete del centro, arroccato su un’altura come un’antica fortezza inespugnabile e circondata da caverne e abissi, è interrotta solo dalla voce roca della fiumara che scorre ai suoi piedi.

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Abitato fino ai primi anni Settanta, il borgo si è spopolato tra il 1971 e il 1973, a causa di alluvioni e frane che hanno messo a rischio la vita degli abitanti. A seguito di piogge torrenziali che hanno provocato morte e distruzioni,  il sindaco Antonio Romeo ha firmato un’ordinanza di sgombero coatto. La decisione però non ha incontrato il favore di tutti i residenti, che hanno resistito per altri due anni, fino a quando un’altra violenta alluvione li ha costretti ad abbandonare le proprie case. I cittadini si sono trasferiti e una lenta diaspora li ha portati in diversi comuni del circondario fino a quando, 17 anni dopo l’ultima alluvione il nuovo paese è stato ricostruito a 40 chilometri di distanza da Roghudi Vecchio . Il nuovo abitato è infatti nato  nel comune di Melito Porto Salvo .

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Un allontanamento che tuttavia non ha intaccato il senso di appartenenza dei cittadini, custodi di una lingua antica e remota: il grecanico , nato dalla mescolanza tra l’antico greco dei territori della Magna Grecia e il dialetto calabrese. Nel fine settimana i cittadini risalgono le strade per ritornare nel borgo, perché qui, tra le case diroccate e diventate tane di animali, si trova la piccola chiesa di San Nicola. La struttura è diventata un luogo sacro che conserva tutto il suo stile contadino. Al suo interno si trova una croce in legno e diverse immagini votive, che sono diventate il segno tangibile della presenza umana che non intende abbandonare questo luogo.  Tra fine giugno e inizio luglio gli “esuli” si riuniscono nel paese vecchio in occasione dei festeggiamenti di Maria santissima delle Grazie.

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Presenza umana tangibile anche nelle case, dove ancora si trovano mobili, bottiglie e suppellettili. Spesso le pareti di cemento armato si alternano a muri antichi, saracinesche arrugginite a balconi tinti. E all’interno delle case è possibile scorgere macerie, materassi, e vegetazione che cresce indisturbata.

 Come nell’abitazione di Leone Pangallo , l’ultimo “abitante” di Roghudi morto nel 2013. Qui ogni cosa è rimasta al suo posto, come se il tempo si fosse fermato. Così la cucina, il camino, il letto, il tavolo, i piatti e perfino la caffettiera sembrano vivere in un limbo, mentre la polvere e i calcinacci ricoprono ogni superficie.

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Sui muri delle abitazioni è facile scorgere grossi chiodi, e si dice che a questi fossero assicurate delle corde che servivano per legare le gambe dei bambini.  Non era una punizione ma una protezione, dal momento che in questo modo le donne del paese evitavano che i bambini potessero cadere in fondo alla vallata.  La leggenda vuole che nelle notti di luna piena si sentano i lamenti dei bambini provenire dai dirupi.

Nelle case, le cui porte sono sfondate, come i soffitti spesso crollati, è facile percepire venti di tempi passati, di vecchie leggende greche che si tramandano tra i più anziani.

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Come la leggende delle Naràde , figure mitologiche con due piedi di asina e due di essere umano. Nei racconti grecanici abitavano i boschi e le montagne, ed erano solite apparire durante la notte con l’intento di attirare le donne del paese, convincerle ad andare al fiume a lavare i panni per ucciderle. Le figure  assumevano spesso la voce di familiari o conoscenti. L’obiettivo era quello di circuire gli uomini del borgo per accoppiarsi. Le uniche donne che venivano risparmiate erano quelle che offrivano loro latticini per cui le Nerade andavano pazze. Per proteggersi dalle irruzioni gli abitanti costruirono tre cancelli, collocati in tre differenti entrate del paese: uno a “ Plachi ”, uno a “ Pizzipiruni ” e uno ad “ Agriddhea ”.

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Anche la strada che da Bova porta ai piedi dell’Aspromonte è avvolta dal silenzio. Qui si incrocia “ U passu da zita ”, dal quale si abbraccia l’area grecanica, i borghi di San Lorenzo e Pentedattilo , la fiumara dell’Amendolea e anche il vulcano Etna . La leggenda vuole che una ragazza di Africo, promessa a un signorotto di Bova, durante il corteo nuziale, preferì lanciarsi dal ponte. Da quel momento in poi sarebbe nata la rivalità tra i due paesi.

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A circa 20 chilometri dal borgo si trova la rocca del Drako . Si tratta di un monolite sul quale sono stati incisi  tre cerchi che guardano ad est, sulla cui origine sono stati effettuati diversi studi.  Secondo un mito nella roccia avrebbe soggiornato un Drako, un gigante diventato custode di un antico tesoro  raccolto dai briganti. Secondo la leggenda, Drako  soleva allontanarsi dalla dimora per consumare la cena nelle vicine sette Caldaie . Chiunque si fosse avvicinato a colpire la rocca o a cercare di recuperare il tesoro, sarebbe stato ucciso e spazzato via da un forte vento.

Un’altra leggenda racconta di un drago affamato e crudele capace di provocare frane se non fosse stato assecondato nelle richieste di cibo. Secondo un’altra leggenda il tesoro custodito dal Drako sarebbe stato donato a chi avesse sacrificato tre esseri viventi di sesso maschile: un capretto , un gatto nero e un bambino appena nato . Il giorno in cui nacque in paese un bimbo malformato e rifiutato dai genitori, due uomini provarono a sacrificarlo assieme al capretto e al gatto, ma quando toccò al neonato, una tempesta di vento raggiunse i due che furono scaraventati contro la roccia. Uno morì, l’altro, sopravvissuto, fu perseguitato dal diavolo sino alla sua morte . Da quel momento nessuno osò più sfidare il drako.

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A pochi passi dalla roccia si trovano le Caldaie del latte , formazioni geologiche calcaree, di roccia sedimentaria. Secondo la leggenda, le caldaie avrebbero prodotto un liquido simile al latte adatto a sfamare il drago. Il nome caladaie deriva da caddare , che sono le grandi pentole che una volta venivano usate per cucinare e che oggi si usano per preparare le frittole .

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2 pensieri su “ A Roghudi Vecchio, il borgo fantasma dell’Aspromonte ”

Questi luoghi hanno un incredibile fascino. Vorrei tanto visitarli.

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Hai ragione, sono posti incredibili…

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Borgo fantasma di Roghudi, dove dorme ancora il drago   

Appollaiate sulle pendici meridionali dell’aspromonte, un gruppo di case si aggrappano alla terra e ai ricordi resistendo solitarie al passare del tempo.

Il borgo fantasma di Roghudi Vecchio - Il borgo fantasma di Roghudi Vecchio - stock.adobe.com

Il borgo fantasma di Roghudi Vecchio  stock.adobe.com 

Al Borgo Vecchio di Roghudi soffia un vento di montagna mentre nella parte nuova del medesimo centro spira la brezza dello Ionio. Questo comune calabro è uno dei pochi in Italia ad essere diviso in due zone separate, una a 40 chilometri di distanza dall’altra. Due realtà agli antipodi con la stessa identità. Gli abitanti di Roghudi Nuova sono gli stessi che dovettero abbandonare il borgo vecchio a causa di due fortissime alluvioni avvenute nell'ottobre 1971 e nel gennaio 1973. L’abbandono dell’antica Roghudi fu inevitabile in quanto venne dichiarata totalmente inagibile poco tempo dopo. Oggi questa città fantasma, si erge superstite in una natura che ne ha assorbito l’essenza, ad animarla sono solo le leggende e gli spiriti che aleggiano ancora tra le vecchie mura e sembrano rimbombare nei dirupi che la circondano.

Roghudi

Il borgo fantasma, dove vivono vecchie storie e ricordi

L’antico abitato di Roghudi risale al lontano 1050, ed è raggiungibile percorrendo una strada tortuosa, spesso bloccata a causa delle frane che continuano a martoriare questo territorio, uno dei più piovosi della Calabria. Il paese è stato dichiarato inagibile ed addentrarsi da soli nel suo antico abitato è rischioso. È possibile visitarlo solo contattando l’ Associazione Guide Ufficiali del Parco Nazionale d’Aspromonte ed effettuare un tour guidato in compagnia di esperti .

Se invece decidete di accantonare l’intraprendenza da esploratori incalliti, abbandonatevi alla sua contemplazione: il borgo fantasma va ammirato da distante per cogliere tutta la sua suggestione. Una manciata di case abbracciate alla roccia sembrano un castello di carte, eppure sono tenaci e resistenti al trascorrere del tempo e alle intemperie che hanno cambiato completamente il loro destino. E’ ancora possibile immaginare la vita di questo piccolo centro nel bel mezzo della natura selvaggia dell’Aspromonte. Solo alcune leggende sono sopravvissute e narrano di draghi e tesori nascosti.

Roghudi

Le leggende di Roghudi Vecchia

Le storie del borgo fantasma non sono ambientate solo tra le sue vecchie case del centro, alcune puntellate da grandi chiodi fissi ai muri esterni a cui venivano legate delle corde utilizzate per legare i bambini alle caviglie affinché evitassero di cadere dagli alti dirupi. A Roghudi Vecchia si narra anche la storia della "rocca tu drago" e delle "caldaie del latte” .

La prima descrive una roccia monolitica che risale all’epoca preistorica. La sua forma ricorda la testa di un drago e due cerchi incisi sembrano due grandi occhi. Secondo la tradizione popolare, sotto questo imponente e spaventoso masso si trova un inestimabile tesoro, custodito dal drago e mai rivelato: gli abitanti credevano che chi osasse avvicinarsi alla roccia sarebbe stato travolto da una violenta folata di vento e scaraventato nei dirupi che circondano Roghudi.

La seconda leggenda racconta la storia della “ caddhareddhi ", ovvero delle caldaie, rocce dalla conformazione sferica che assomigliano a delle gobbe. Secondo l’immaginario collettivo, erano le pentole del latte con cui il drago dormiente amava svegliarsi e nutrirsi. Nel silenzio dell’Aspromonte alcuni dicono di sentire ancora il russare della bestia, del latte nessuna traccia.

Roghudi

Come arrivare               

Per arrivare a Roghudi Vecchio è necessario raggiungere il borgo di Bova e poi attraversare il Passo della Zita fino a giungere alla strada che conduce al borgo fantasma. In alternativa è possibile partire da Melito Porto Salvo e poi seguire le indicazioni per Roccaforte del Greco fino ad arrivare al borgo.

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Recensioni Il borgo fantasma di Roghudi Vecchio

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